"L'uomo è il risultato di un'idea BREVETTATA da secoli - io tento modelli di idee e li chiamo brevetti - ma non dureranno in eterno - anche se qualcuno li ritroverà"
Bruno Caraceni è stato apprezzato dalle firme più illustri della critica d’arte italiana come Carlo Giulio Argan, Lionello Venturi, Maurizio Calvesi, Emilio Villa, Bruno Munari, Filiberto Menna, Alberto Boatto, Maurizio Fagiolo e molti altri.
Ha partecipato alle più importanti esposizioni nazionali ed internazionali del periodo tra cui: tre edizioni della Biennale di Venezia (1956, 1958 e 1968), a tre edizioni della Quadriennale di Roma e ad una edizione della Biennale di Tokyo.
E' stato un precursore di molte delle correnti artistiche europee.



"…è vero che nei viaggi spaziali c’è la necessità di ottimizzare l’ingombro, ma sono convinto che dove viaggia l’uomo viaggia l’arte...”
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/01
SCHERZI
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ZONE E SOLUZIONI
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/03
PLASTICHE
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/04
GESTI
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/05
MAPPE
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/06
STRUTTURE LABIRINTO
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/07
MULTIPLI
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/08
GEOMETRICI
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Opere tra il 1952 e il 1956. Caraceni intitola Scherzi le opere di questo periodo, compiute guardando i maestri del passato come Mirò, Klee, Picasso. Si tratta di esibizioni grafiche di una linea calligrafica, che anni più tardi si tramuterà nel filo dei Gesti. Lo scherzo in musica punta di solito all’arguzia e al gioco, così similmente si comportano le opere di Caraceni, giochi arguti che alleggeriscono le tensioni provocate dalla visione del colore e che il segno grafico tende a creare, quasi si trattasse di uno spartito musicale.
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Opere tra il 1954 e il 1956. In questo periodo è a contatto con il mondo cinematografico come scenografo e produttore di documentari, in cui sperimenta la musica elettronica. Queste passioni vengono trasmesse in questi dipinti. Qui passa dal linearismo calligrafico all’allusione ad un materismo che si fa sempre più evidente. I piani cromatici degli Scherzi prendono corpo, ma è un rilievo ancora simulato nella tecnica pittorica.
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Opere tra il 1957 e il 1958. Al colore classico si aggiungono materiali plastici, come il cellophane che vengono incollati su tela. E' il trionfo della materia bruta. Si cancella ogni segno linare, nessun controllo razionale. Usa colori accesi, verdi, azzurri, rossi, in quanto qualità prime della materia. Usa la combustione della plastica, in contemporaneità con Burri, senza poter dare sicure precedenze. Spesso i suoi nuclei li inquadra in passepartout, realizzati come feritoie da cui studiare il soggetto.
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Opere dal 1959. l'artista si arma di martelli, seghe e chiodi cercando una pulizia formale dove vengono fissati dei punti e avvolti fili e fatti scorrere punto su punto. Il pittore diventa anche artigiano, e crea un gesto di separazione fra il mondo fisico, la materia pittorica, e il mondo spirituale, il pensiero rappresentato dal chiodo che si allontana dalla superficie, ma non è isolato, subito si collega agli altri in un “contatto” rappresentato dal filo, e crea una rete viva e indipendente da come cambia il mondo fisico sottostante.
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Opere anni '70. Accantonato il materismo, il nuovo riferimento è il segno tracciato dal filo o dal tratto nero e pulito della penna. La trama allude ad una mappa, territorio e città vista dall’alto. Una Land Art di carta racchiusa in progetti di spazi abitativi.
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Opere dal 1965. Sfruttano elementi industriali di plastica, prestampati, al fine di animare lo spazio a ridosso della superficie. E’ un altro elemento, come le mappe, osservabile dall’alto, più organizzato, più architettonico, e ancora una spazio percorribile come un filo, un filo “d’Arianna”, che attraversa un passaggio che ricorda le grandi megalopoli.
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Opere tra gli anni 1970 - 1980. riprendono l’idea compositiva alla base degli Scherzi del segno senza fine, tracciato in un unico gesto ininterrotto, in un contesto di pulizia formale e cromatica. La fattura si adatta in tutto e per tutto al carattere anonimo dell’immagine seriale insita nella pratica del multiplo, appena ravvivata da qualche scrittura a mano, con i colori che sfoggiano i toni saturi e compatti delle vernici tipografiche.
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I Geometrici sono i lavori di Caraceni che più si avvicinano all’ortodossia dell’Optical Art, con tanto di ambiguità percettive tra figura/sfondo, superficie/rilievo, linea/colore.Colori asettici e brillanti sono la base compositiva per queste costruzioni geometriche che rinviano alla grammatica dell’immagine della civiltà post-boom economico, che si è fatta ricca ed eccessiva anche nei colori e nelle forme.